CRISI INPGI, SERVE UNA RIFORMA DEL SISTEMA DELL'INFORMAZIONE CHE PARTA DALLA POLITICA*
CRISI INPGI, SERVE UNA RIFORMA DEL SISTEMA DELL’INFORMAZIONE CHE PARTA DALLA POLITICA*
Ripensando alla conferenza stampa di mercoledì scorso davanti al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, sembra che l’Inpgi non entri più in quel palazzo e che sia costretto a far sentire le proprie ragioni in strada per ottenere un incontro con il capo di gabinetto del ministro. Se così fosse ci sarebbe un chiaro problema di rappresentanza e di credibilità dei vertici espressi dalla maggioranza che guida l’Istituto. Spero di essere smentito dai fatti con l’apertura di un tavolo di lavoro con il Governo e la politica in cui venga coinvolto anche l’Ordine dei giornalisti. Questo perché, e lo ha affermato la presidente dell’Inpgi, Marina Macelloni, nel consiglio direttivo di Assostampa Fvg di lunedì 21 giugno scorso, la Federazione della stampa e l’Ordine dei giornalisti non si parlano. Non importa di chi sia la colpa, è del tutto relativo in questo delicato momento per l’informazione in Italia. A questo punto, visto lo stato dei rapporti, è auspicabile che sia la politica a riunire tutti gli attori attorno a un tavolo, per definire un progetto di riforma dell’intero sistema dell’informazione in grado di dare garanzie di stabilità anche alla previdenza.
Nelle scorse settimane il cda dell’Istituto ha approvato (con il voto contrario dei consiglieri Daniela Stigliano, Elena Polidori e Carlo Parisi) una manovra inutile per l’entità del suo impatto sui bilanci in profondo rosso dell’Inpgi, ma che va a colpire direttamente o indirettamente tutti gli iscritti. La delibera, comunque, deve essere ancora ratificata dai ministeri vigilanti, ovvero Lavoro e politiche sociali ed Economia.
GESTIONE SEPARATA
Per quanto riguarda la Gestione separata dell’Inpgi è stato deciso di utilizzare una cinquantina di milioni di contanti accantonati dai lavoratori autonomi, collaboratori, in pratica quelli che chiedono da tempo l’equo compenso, per acquistare immobili invenduti della gestione principale, facendo in tal modo confluire liquidità all’Inpgi1.
ATTIVI
Complessivamente i versamenti annui dei giornalisti attivi sono pari a circa 1 miliardo di euro, quindi l’1% di aumento contributivo previsto corrisponde a più o meno 10 milioni di euro annui che in 5 anni farebbero incassare all’Inpgi 50 milioni di euro. Nel concreto, a un imponibile lordo del redattore ordinario di circa 40 mila euro corrispondono ulteriori 400 euro lordi di trattenuta. Con questo incremento la contribuzione diventa superiore proprio dell’1% rispetto a quella che viene praticata sullo stesso stipendio dall’Inps. E nel caso di un eventuale passaggio all’Inps non è scontato che tale differenza andrà ad aumentare la pensione futura. Da qualche anno, peraltro, gli attivi versano 5 euro al mese, per complessivi 60 euro annui, che finiscono in un fondo da cui l’Inpgi a fine anno attinge per integrare le pensione più basse con degli assegni ad hoc.
PENSIONATI
Ai pensionati viene richiesto, invece, di partecipare con un ulteriore 1% per gli anni 2021-2025, con un importo che corrisponde a circa 5,5 milioni di euro annui, quindi 27,5 milioni alla fine del quinquennio. Questo a un anno dalla conclusione del contributo triennale precedente attuato nel periodo 2017-2020 e 40 sentenze uniformi della Cassazione che stabiliscono la necessità di una norma di legge del Parlamento in applicazione dell’art. 23 della Costituzione per attuare un ulteriore taglio. A ciò si aggiunge il Consiglio di Stato che nel convalidare il taglio triennale delle pensioni Inpgi 1 dal 2017 al 2020 ha affermato che non potevano essere più reiterati ulteriori prelievi. Già oltre mille diffide – destinate ad aumentare – sono arrivate all’Inpgi e, presumibilmente, potrebbero trasformarsi in una class action collettiva verso l’Istituto.
I soldi trattenuti ai pensionati dal 2017 al 2020 corrispondono a 20-22 milioni di euro, che, sommati alla mancata rivalutazione delle pensioni per circa 10 anni, hanno fatto risparmiare all’Inpgi 1 complessivamente 65 milioni di euro circa. Il “tesoretto” si è, purtroppo, già volatilizzato perché è stato utilizzato dall’istituto di via Nizza per pagare le pensioni in corso ed evitare che il buco di bilancio di 242 milioni passasse a 307 (242 + 65) milioni di euro.
DIVIETO DI CUMULO
Vi è poi l’introduzione del divieto di cumulo per le pensioni di anzianità e non per quelle di vecchiaia dell’Inpgi, riducendo l’esonero dagli attuali 22.500 euro lordi l’anno a 5 mila euro lordi sempre all’anno. Il problema, se la manovra venisse convalidata dai ministeri vigilanti, si porrebbe in particolare per coloro i quali hanno contratti di lavoro in essere.Va anche ricordato che il divieto di cumulo non viene previsto dall’Inps e l’Inpgi è un ente sostitutivo dell’Inps. Anche in questo caso saranno probabili altri ricorsi, proprio perchè la Cassazione nei mesi scorsi ha dato torto all’Inpgi 1 sul divieto di cumulo ed ha disapplicato l’art. 15 del suo Regolamento interno. Anche in questo caso per portare avanti tale proposta servirebbe all’Inpgi un’apposita norma da parte del Parlamento.
ABBATTIMENTI PER LE PENSIONI DI ANZIANITÀ
Il Cda dell’Inpgi ha anche deciso la reintroduzione degli abbattimenti per le pensioni di anzianità, penalizzando l’assegno pensionistico fino al 7,25% per gli uomini, inserendo il parametro dei 42 anni e 10 mesi di età per gli uomini e dei 41 anni e 10 mesi per le donne, con riferimento alla legge Fornero.
TAGLI SENZA RICHIESTA DI RISTORO ALLO STATO
Nessuna richiesta, invece, da parte del cda allo Stato per il ristoro di almeno mezzo miliardo di euro spesi, come unico Ente previdenziale privatizzato sostitutivo dell’Inps in base alla legge Rubinacci del 1951 e alla legge Vigorelli del 1955, per far fronte agli ammortizzatori sociali della categoria, compresi i contributi figurativi di precari, disoccupati, cassintegrati, nonché di giornalisti eletti deputati, senatori, parlamentari europei, sindaci di grandi città, governatori e consiglieri regionali.
EMENDAMENTO SENSI AL DECRETO SOSTEGNI BIS
Nel frattempo è ancora il piedi l’emendamento al decreto Sostegni bis per la proroga del commissariamento al 31 dicembre 2021, il cui primo firmatario è il parlamentare Filippo Sensi e la cui approvazione rischierebbe di far confluire nelle casse dell’Istituto ulteriori prepensionamenti già annunciati da alcuni Editori.
* Andrea Bulgarelli, consigliere generale Inpgi per il Fvg