I GIORNALISTI TORNANO IN PIAZZA PER SALVARE L’INFORMAZIONE*

I GIORNALISTI TORNANO IN PIAZZA PER SALVARE L’INFORMAZIONE*

I giornalisti tornano in piazza. Lo fanno, nel rispetto della normativa anti Covid, giovedì 20 maggio davanti a Montecitorio, a Roma, dove alle 10 del mattino è convocato il Consiglio nazionale della Fnsi.Lo fanno perché, come si è già detto tante volte, la difesa dell’informazione di qualità richiede interventi urgenti sul mercato del lavoro, per contrastare con forza il precariato dilagante, per assicurare una retribuzione dignitosa a migliaia di giornalisti privi di diritti e di tutele. Lo fanno per chiedere la messa in sicurezza dell’Inpgi, l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani, per il quale si avvicina l’ultimo giro di lancette prima del commissariamento. Lo fanno per chiedere una nuova legge sull’editoria, necessaria per accelerare la transizione al digitale e affrontare le sfide che ciò comporta.

Sono costretti a farlo, verrebbe da dire, e qui la questione si allarga fino ad abbracciare le fondamenta stesse della nostra democrazia, perché tutto tace dal fronte delle istituzioni, del governo, dei partiti. Unica eccezione: il presidente Mattarella, che da mesi richiama tutte le volte che gli è possibile la centralità democratica e costituzionale dell’articolo 21 della nostra carta fondativa.

Vabbè la situazione emergenziale che stiamo vivendo da oltre un anno a causa della pandemia, ma non possiamo non richiamare ancora l’attenzione del governo e delle istituzioni sulle difficoltà strutturali dell’informazione e sull’assenza di politiche per il lavoro.Non è più rinviabile, come segnala la Fnsi, un patto con le istituzioni per dare piena attuazione all’articolo 21 della Costituzione.

“È necessario – ha scritto la giunta del nostro sindacato unitario – rimettere al centro del dibattito pubblico i temi che riguardano l’informazione nel nostro Paese. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza non assegna la giusta attenzione a chi fa informazione, attività essenziale e fondamentale per la tenuta delle istituzioni democratiche e far crescere un’opinione pubblica matura. Nessun segnale concreto dal governo e dal parlamento giunge su questioni fondamentali che riguardano la libertà, i diritti, la dignità del lavoro di chi ogni giorno si sforza di aiutare i cittadini a conoscere e a comprendere”.

Va dunque riattivato subito il tavolo politico per salvare l’Inpgi, che si è fatto carico negli anni – oltre che dei trattamenti pensionistici – anche degli ammortizzatori sociali dei giornalisti, sostenendo il settore dell’editoria nella crisi più profonda che abbia mai attraversato. L’Inpgi (ultimo bilancio, meno 242 milioni) oggi ha una riserva tecnica per pagare due annualità delle attuali pensioni – avverte il cda dell’istituto- e una liquidità che si sta velocemente consumando. E altri prepensionamenti sarebbero in arrivo, con la conseguenza di diminuire ancora le entrate e aumentare le uscite: meno contributi versati, più pensioni da pagare.

Ma non c’è soltanto la drammatica situazione dell’Inpgi. I temi del rafforzamento del mercato del lavoro, dell’equo compenso per gli autonomi, del contrasto alla precarietà dilagante sembrano scomparsi dal dibattito e dall’agenda politica. Le proposte di legge sulla cancellazione del carcere per i giornalisti e per il contrasto alle querele bavaglio sono ferme in parlamento. E non sembra esserci alcuna volontà di procedere alla riforma della Rai, sottraendone finalmente la governance al controllo del potere esecutivo. Per tutti questi e probabilmente tanti altri motivi, i giornalisti italiani scendono di nuovo in piazza, giovedì davanti alla Camera, per far sentire la propria voce. Prima che sia troppo tardi.

*Carlo Muscatello, presidente Assostampa Friuli Venezia Giulia