"PERDERE L'INPGI È UN FALLIMENTO PER TUTTA LA CATEGORIA"*
“PERDERE L’INPGI È UN FALLIMENTO PER TUTTA LA CATEGORIA”*
“Perdere l’Inpgi è un fallimento per tutta la categoria”, così la presidente Marina Macelloni ha definito durante il Consiglio generale il passaggio della gestione principale dell’Inpgi all’Inps.
A mio avviso le cause di questo fallimento sono molteplici, ma con il passaggio all’Inps avremo la garanzia che i contributi versati non saranno persi. In realtà la maggioranza che governa l’Istituto nonostante ci fosse la possibilità di convocare il Consiglio in presenza per un confronto chiaro e definitivo, ha inteso riunirci per l’ennesima volta da remoto con le naturali criticità di un collegamento online con una settantina di persone con coperture di linea tra le più variegate. “Era complicato trovare una sala e siamo in emergenza pandemica” è stato detto, ma evidentemente non si è guardato a quanto avviene nel pubblico e nel privato in tutta Italia. Non è stata certo una scelta per risparmiare, visto che non si è inteso – in 15 consiglieri l’abbiamo richiesto – parlare della riduzione dei compensi degli amministratori per i primi sei mesi del 2022. Così è, la maggioranza decide ma si prende la responsabilità della guida dell’Istituto, anche alla luce del fatto che il Governo ha messo definitivamente nel cassetto l’allargamento della platea ai cosiddetti “comunicatori”, l’unica via considerata e sostenuta in via Nizza per la salvezza dell’Inpgi.
L’art. 29 inserito nella legge di Bilancio presentata da pochi giorni al Senato (Ddl S. 2448) prevede dal 1.o luglio l’incorporazione dell’Inpgi 1 all’interno dell’Inps. In questo modo verrà posta la garanzia pubblica sui contributi previdenziali versati dai giornalisti italiani, ma soprattutto la politica andrà a colmare un vuoto pluridecennale di equità verso il nostro Istituto di previdenza. Per quanto riguarda l’Inpgi 2, la cassa rimarrà autonoma – si chiamerà Inpgi, abbiamo appreso – ma andrà fatta una modifica allo Statuto dell’Inpgi per darle piena operatività. E in questa modifica dello Statuto ho chiesto che si possa finalmente prevedere la presenza anche del presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti all’interno della governance. A tutti gli effetti ho sempre considerato un’anomalia l’assenza di un rappresentante di diritto dell’Ordine dei giornalisti all’interno del Consiglio dell’Istituto di previdenza dei…giornalisti. La modifica dello Statuto andrà fatta a maggioranza qualificata e quindi anche la cosiddetta minoranza potrà incidere per definire il futuro della cassa degli autonomi.
A mio avviso l’operazione di trasparenza sulla situazione dei conti dell’Istituto nei confronti della politica andava fatta tempo fa, invece di attendere e puntare su un’unica soluzione che, anche se sostenuta da una base normativa che, però, presupponeva l’ingresso controvoglia dei comunicatori sotto la gestione dell’Inpgi. Creare le condizioni per obbligare qualcuno a far qualcosa contro la propria volontà, non è mai un buon inizio. Abbiamo rischiato grosso, ma se il Parlamento confermerà quanto già deciso dal Governo guidato da Mario Draghi vi sarà una soluzione di garanzia rispettosa del passato e punto di inizio, si spera, della costruzione di un futuro che preveda una riforma complessiva dell’informazione non solo al passo con la previdenza, ma anche con l’evoluzione della professione.
Alcuni definiscono questa operazione un regalo alla categoria dell’informazione. E questo non è vero. Da quando sono arrivato all’Inpgi, a febbraio 2020, ho preso consapevolezza della drammatica situazione della casse dell’Istituto, ma soprattutto del fatto che non vi era una articolata strategia per uscire da una situazione che la crisi del mercato dell’editoria avrebbe finito con il peggiorare di giorno in giorno.
Per tale ragione a livello nazionale e regionale assieme a un gruppo di colleghi del consiglio generale, del consiglio di amministrazione e il supporto storico e normativo di Pierluigi Roesler Franz, abbiamo iniziato a mettere in luce tante situazioni che ormai erano deteriorate a svantaggio dell’Inpgi. Parliamo di crediti per centinaia di milioni di euro che l’Istituto vanta nei confronti dello Stato e che non sono mai stati richiesti. Il prossimo 20 dicembre saranno 70 anni dall’entrata in vigore della legge Rubinacci che ha reso a tutti gli effetti l’Inpgi ente sostitutivo dell’Inps. Quindi, sono quasi settant’anni che siamo l’unico ente previdenziale che si accolla l’onere degli ammortizzatori sociali. E come se non bastasse, l’Inpgi ha dovuto coprire senza ristori pubblici centinaia di milioni di euro per il costo dei contributi figurativi previdenziali per il servizio militare e la maternità (sia prima di iniziare a lavorare, sia durante il lavoro, sia tra un’interruzione di lavoro e un’altra), nonché in favore di precari, disoccupati e cassintegrati. E non è, forse, clamorosa quanto paradossale la totale copertura da parte dell’Inpgi 1, anziché dello Stato, di tutte le posizioni previdenziali dei giornalisti per i quali la Cassazione a conclusione di vertenze giudiziarie durate in media una quindicina d’anni ha ritenuto validi i verbali ispettivi dell’ente nel caso, purtroppo, molto frequente in cui le stesse aziende editoriali dalle quali dipendevano sono fallite dopo aver avuto definitivamente torto in giudizio, lasciando così paradossalmente l’intero onere dei contributi figurativi a carico addirittura dello stesso ente di via Nizza? E perché anche i gravosi oneri, previsti da ben 51 anni e mezzo, dall’art. 31 dello Statuto dei lavoratori sulla futura pensione dei giornalisti eletti deputati, senatori, europarlamentari, o consiglieri comunali o consiglieri regionali o governatori di Regioni che hanno pesantemente intaccato i bilanci dell’ente di previdenza Giovanni Amendola non sono mai stati ristorati?
C’è stato, poi, anche il silenzio della Pubblica amministrazione rispetto all’applicazione della legge 150/2000 in vigore da 21 anni e che prevedeva la copertura delle posizioni giornalistiche con annesso il versamento contributivo all’Inpgi, obbligatorietà spesso dimenticata ma ulteriormente ribadita dalla “storica” sentenza delle Sezioni Unite Civili della Cassazione del 29 luglio scorso.
Di poste scoperte, quindi, ce n’erano in abbondanza e per tale ragione ho inteso trasmettere tutte queste informazioni ai parlamentari regionali, trovando da subito un’ampia disponibilità non solo all’ascolto.
L’emendamento nella Finanziaria di dicembre 2020 presentato dagli onorevoli Sensi-Serracchiani-Viscomi ha aperto una finestra importante: innanzitutto la proroga del commissariamento collegata all’accollo da parte dello Stato degli ammortizzatori sociali, confermando il principio che l’Inpgi 1 è l’unico ente sostitutivo dell’Inps in base alla legge Rubinacci e quindi del tutto equiparato alla previdenza pubblica. E viene spontaneo chiedersi perché, già anni fa, non sia stato chiesto allo Stato questo tipo di intervento, che avrebbe consentito di non erodere il patrimonio dell’Inpgi fino a circa un terzo del suo valore e ad arrivare a una riserva tecnica di 1,2 anni.
* Andrea Bulgarelli, consigliere generale Inpgi