SUL TAVOLO DEL RINNOVO CONTRATTUALE SI GIOCA IL FUTURO DELLA CATEGORIA*

Quella in corso sui tavoli FNSI-FIEG è molto più che una semplice trattativa contrattuale: è un confronto fra due visioni diverse sul futuro dell’informazione in Italia, e condizionerà la stessa tenuta della categoria così come la conosciamo.
Ci sarà sempre bisogno d’informazione, ma proprio la trattativa contrattuale avviata dalla Giunta FNSI alcuni mesi fa, finora senza risultati definitivi, ha messo in luce le distanze tra il sindacato, che rappresenta tutti i giornalisti italiani, e gli editori della FIEG. Sul tavolo ci sono, accanto agli aumenti contrattuali – sacrosanti dopo più di dieci anni di stipendi bloccati senza neanche il recupero dell’inflazione – questioni forse ancora più importanti, come l’organizzazione del lavoro alla luce dei cambiamenti della società e delle tecnologie, la regolamentazione dell’uso dell’intelligenza artificiale, il dopo-INPGI per i dipendenti. Di fronte a questi temi, la FIEG, apparsa anche divisa al proprio interno, ha puntato quasi esclusivamente sui tagli ai costi di produzione e del lavoro, e in particolare su un punto su cui invece il sindacato, tutto il sindacato, non intende arretrare: un ulteriore depotenziamento dei contratti per i nuovi assunti.
Si tratta di una sorta di linea del Piave per la categoria: negli ultimi decenni sono state fatte molte – e forse troppe – concessioni agli editori sui contratti per i giovani che entrano nelle redazioni, giovani che, è bene ricordarlo, spesso arrivano in redazione dopo anni di precariato sottopagato, collaborazioni o stage gratuiti. Su di loro gli editori hanno già risparmiato., i giovani “hanno già dato”, e le richieste di nuovi tagli per i nuovi assunti appaiono non solo fuori luogo, ma anche controproducenti per le stesse aziende.
Ne sono la prova i casi, registrati anche in Friuli Venezia Giulia, di colleghi che, dopo aver valutato pro e contro, hanno rifiutato di essere assunti stabilmente, perché le retribuzioni sono ormai talmente basse da far diventare più vantaggiose economicamente le collaborazioni, e in ogni caso non bastano a compensare l’impegno richiesto all’interno di aziende, che ormai spremono oltre ogni limite i colleghi con ritmi di lavoro insostenibili.
Nonostante tutto, però, la preoccupazione degli editori è sempre la stessa, la stessa da decenni: coprire le perdite dovute al calo delle vendite e degli ascolti dei media tradizionali tagliando costi, stipendi e redazioni, anziché pensare (come dovrebbe fare un buon imprenditore) a come sta cambiando l’informazione e a creare nuovi progetti di sviluppo. Ancora una volta l’incapacità dei dirigenti si scarica sui lavoratori.
Questa è una logica che la delegazione sindacale che segue le trattative ha cercato di far emergere e scardinare, contrapponendo invece un atteggiamento propositivo e al tempo stesso fermo su alcuni principi: un aumento delle retribuzioni al palo da anni, un accordo sulle nuove tecnologie come l’AI, regole che garantiscano condizioni di vita accettabili per i colleghi delle redazioni, e soprattutto la fine del gioco al massacro sulle giovani generazioni.
Nonostante molti incontri fra delegazioni più o meno allargate, la situazione sembra non sbloccarsi: sull’intelligenza artificiale, un elemento che potrebbe modificare, e sta già modificando, il lavoro e la professione (basta pensare, oltre ai risvolti sull’occupazione, ad aspetti come la responsabilità dei pezzi e delle immagini realizzati con l’IA), gli editori hanno posto subito lo scudo del segreto industriale, rifiutando ogni accordo in merito all’interno o all’esterno del contratto, e dimostrato molta rigidità anche sull’organizzazione del lavoro.
Sulle retribuzioni nelle ultime settimane sono invece emerse due possibili vie: un aumento in busta paga, ma molto limitato (insufficiente anche a coprire il solo recupero dell’inflazione e spalmato per lotti su tre anni), oppure uno sforzo un po’ più consistente, ma sempre limitato, ma a fronte di nuovi interventi sui nuovi contratti, allungando per altri anni (anni!) il salario d’ingresso a colleghi che probabilmente hanno già alle spalle un lungo precariato, e facendo pagare quindi gli aumenti dei colleghi più anziani alle giovani generazioni.
Si tratta di un’impostazione che il sindacato non può e non deve accettare, perché, oltre che allontanare ancora di più le giovani generazioni dalla Federazione, rappresenterebbe un danno per le redazioni, e significherebbe di fatto la fine della nostra categoria, che ha un bisogno assoluto proprio dei giovani per continuare a vivere e a comprendere il mondo.
Al momento la strada più probabile sembra quella di un accordo ponte, che porti a casa solo i primi aumenti, per poi continuare la trattativa sul contratto.
In entrambi i casi, però, al momento gli aumenti proposti vengono ritenuti non sufficienti dalla Federazione, e rimane aperta la possibilità di mobilitare il mondo del giornalismo italiano, mettendo in campo quei 5 giorni di sciopero che la conferenza dei CDR aveva affidato alla dirigenza FNSI lo scorso aprile, una mobilitazione che, se fosse necessaria, andrà preparata con attenzione e impegno, per assicurare la massima partecipazione dei colleghi in tutto il paese.
*Alessandro Martegani, segretario Assostampa FVG e membro della giunta FNSI